15.2.08

Venezuela, guerra di frontiera

Chavez accusa Usa e Colombia di infiltrare paramilitari nel Paese. E di usare la Exxon come ariete contro il greggio del Venezuela.

La denuncia. Si infiltrano, permeano il territorio, non hanno fucili, ma usano armi più subdole, come la droga, lo spaccio di cocaina. Un commercio da narco grazie al quale questi soggetti vorrebbero costruire delle vere e proprie bande guerriglieri. L'ultima denuncia del presidente venezuelano Hugo Chjavez Frias torna a disegnare un complotto, ordito da Washington e Bogotà.
“ Vogliono riempirci di paramilitari – ha detto Chavez nel suo programma domenicale Alò presidente – abbiamo detectato la loro presenza negli stati di Barinas, Tachira e Zulia”. Tre regioni di frontiera.

La frontiera. Fra Colombia e Venezuela è un territorio difficile, che vive da decenni i riflessi dello scontro fra la guerrgilia delle Farc. Ma anche le grandi infiltrazioni di paramilitari che controllano oggi i settori chiave del mercato della cocaina e che sono capaci di imbastire dalla frontiera il loro traffico di droga verso gli Stati Uniti. Non è un caso che proprio da quella frontiera vengano notizie che riguardano sequestri, esecuzioni sommarie, decimazione di sindacalisti e lavoratori agricoli. Storie colombiane in territorio venezuelano.

Propaganda e qualche verità. È del tutto evidente come alla radice delle accuse infarcite da una gustosa retorica latinoamericana ci sia una gran parte di strategia politica. Secondo Aslberto Garrido, che ha scritto numerose opere sul presidente venezuelano, Chavez riesce con questi discorsi a trasformare lo scenario: non è più la sua lotta contro una opposizione itnerna politica e del settore imprenditoriale, ma diventa un confronto aperto fra la rivoluzione bolivariana e un soggetto invasore. Eppure, eliminati gli aspetti più propagandistici della vicenda, restano importanti interrogativi. Il primo si basa sul passato. Maggio 2004; 53 riservisti colombiani in mimetica vengono arrestati in una finca, un'impresa agricola, intestata a un noto dissidente di origine cubana, contrario alla presidenza Chavez. Il caso fece scalpore, anche se non si riuscì mai a capire come mai quegli arresti vennero eseguiti senza che si sparasse nemmeno un colpo di pistola, nemmeno in aria.
E i documenti di identità che molti di loro avevano addosso – altra cosa strana – erano veritieri, riconosciuti dal governo di Bogotà: erano davvero riservisti delle truppe colombiane. L'altro interrogativo riguarda le strategie di destabilizzazione di un governo, quello di Chavez, previste dagli Stati Uniti. Anche perchè, dopo il discorso e i documenti di alcuni giorni fa del capo della Cia, non è un mistero che a Washington serve indebolire lo strapotere di Chavez e la sua immagine a liverllo continentale, come è evidente che alcuni mezzi utilizzati in passato – come il famoso golpe intentato da Fedecamaras e il presidente degli industriali Carmona – non possono più essere replicati. C'è in tutta la vicenda il sapore dell'avvertimento, del segnale, del gioco di dichiarazioni ufficiali che dialogano.
E così anche Hugo Chavez, parlando degli inflitrati che spacciano droga nei barrios popolari di Caracas, ha giocato le frasi a effetto contro Usa e Colombia per dire qualche cosa che alle orecchie delle diplomazie e delle intelligence dei due paesi sarà risultato sicuramente comprensibile.

Peacereporter


No!!! Gli Usa non sono capaci di fare queste cose!!!!!




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