LE CIFRE DELLA RAPINA
In Italia, ancor più che in altri paesi, negli ultimi 15 anni c’è stato un colossale spostamento di ricchezza verso i profitti e la rendita e un corrispettivo impoverimento di salari e stipendi.
Secondo un recente studio della BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali, organismo che riunisce 55 banche centrali a livello mondiale), lo spostamento dai salari verso i profitti è quantificabile in oltre 8 punti percentuali di Prodotto interno lordo. Si tratta di una cifra enorme: oltre 120 miliardi di euro l’anno, pari a una rapina padronale di circa 7.000 euro medi annui per ogni lavoratore dipendente.
I SALARI INDIFESI
Nel frattempo, dopo le tante chiacchiere elettoralistiche sulla impossibilità di arrivare alla quarta settimana, l’inflazione sta riprendendo a correre (basta vedere la benzina) e i salari si presentano totalmente indifesi e destinati ad un’ulteriore perdita di potere d’acquisto.
Questo impoverimento si verifica almeno dall’inizio degli anni ‘90, quando venne abolito il meccanismo di recupero automatico dei salari sull’inflazione (“scala mobile”) e venne adottato dai sindacati confederali un moderatismo salariale che ha ridotto i contratti nazionali di lavoro ad una estenuante e disperata rincorsa del costo della vita, mentre i padroni si arricchivano smisuratamente.
GLI APPETITI DI CONFINDUSTRIA E I GOVERNI AL SUO SERVIZIO
Oggi
Il governo Berlusconi (ma con l’assenso anche del “governo ombra” del PD di Veltroni), proprio per questo taglia drasticamente tasse e contributi previdenziali sugli straordinari e sui premi di produttività, spingendosi oltre le politiche che erano comunque già state inaugurate dal governo Prodi, con il “Protocollo sul Welfare”.
Queste misure puntano a produrre di più con meno lavoratori, a costi decrescenti. Le prime vittime, per come è organizzata la società, sono le donne, ma anche i giovani, che non saranno assunti, perché le esigenze produttive verranno coperte con un maggiore sfruttamento dei lavoratori già in forza.
I VERTICI SINDACALI PROPONGONO UN “MODELLO CONTRATTUALE” GIA’ PERDENTE IN PARTENZA
I vertici sindacali confederali di CGIL, CISL e UIL (con la sola eccezione della FIOM), non solo non si oppongono, ma anzi si predispongono ad assecondare questo disegno padronale, varando un progetto di revisione del “modello contrattuale” che va in quella direzione. In questo progetto si prevede che gli aumenti di salario nei contratti nazionali potranno solo coprire “l’inflazione realisticamente prevedibile”, la durata dei contratti passerebbe da
Solo attraverso la mobilitazione collettiva, a partire dai posti di lavoro e dai territori, sarà possibile tornare a conquistare un livello di vita decente; solo contrastando il razzismo e costruendo l’unità dei lavoratori italiani e di quelli migranti (come 40 anni fa si realizzò tra gli operai del Nord e del Sud) ci sarà la forza per battere i padroni, per conquistare quel risarcimento sociale che il governo di centrosinistra non ha voluto dare e che non verrà certo da Berlusconi, Fini e Bossi.
LE PROPOSTE DI SINISTRA CRITICA
Nelle prossime settimane, Sinistra Critica, in coerenza con quanto proposto nella campagna elettorale, inizierà una raccolta di firme per una proposta di Legge di iniziativa popolare per introdurre:
- un salario minimo intercategoriale, come esiste altrove in Europa (ad esempio con lo SMIC in Francia, in Olanda, in Belgio, ecc.), che quantifichiamo in 1.300 euro;
- una nuova scala mobile, con il recupero integrale dei salari rispetto all’aumento dell’inflazione;
- un salario sociale per i disoccupati a 1.000 euro, e la fissazione di un uguale importo per i minimi previdenziali.
- PER RIAPRIRE UNA STAGIONE DI LOTTA PER IL SALARIO E CONTRO
- PER COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE AL GOVERNO DELLE DESTRE E ALLA CONFINDUSTRIA
- PER RICOSTRUIRE UNA SINISTRA CHE FACCIA
Fonte: Sinistracritica
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