Doppiato il numero di grandi elettori di Mc Cain. I sondaggi della vigilia non erano sbagliati. Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti, entrando nella storia come il primo afroamericano a salire alla Casa Bianca.
E mentre l'orgia mediatica prospera di "Yes we did!" riprodotti via-social-media su milioni di terminali, enormi sono le questioni aperte che pesano, come eredità e prospettiva, sul capo del 44° presidente Usa e della sua futura amministrazione: un'economia a pezzi, due guerre aperte e in sostanziale perdita, una antipatia globale per la nazione ritenuta responsabile della crisi in atto. Ostacoli e difficoltà che hanno, proprio per questo, portato Obama alla vittoria.
Le ragioni della vittoria
Le scene di folla in delirio che hanno accompagnato la campagna elettorale prima e l'esplosione della vittoria poi, rientrano appieno nella tradizione statunitense di fabbrica mondiale d'immagini, da Hollywood ai comics. Obama ha fatto presa nella capacità sua e del suo staff di forgiare un'immagine di leader in cui forte è il meccansimo di proiezione/identificazione.
Last but not least, Obama è il primo presidente ad aver puntato strategicamente su internet e l'auto-attivizzazione dal basso dei suoi militanti (con grandi capacità di vampirizzazione degli immaginari "di movimento"). Obama ha infatti conquistato piu` di due terzi dei voti degli elettori sotto i 30 anni. E per la prima volta nella storia, questa generazione di cittadini americani ha “consumato” piu` informazioni su Internet che alla televisione.
3 - Alleata-crisi
Immersa nel disastro della crisi, una parte consistente dell'elettorato bianco working-class sembra non aver voluto dare più di tanta importanza al "fattore R", individuando nella gestione economica repubblicana, la responsabilità dello sfacelo che si è trovata innanzi.
L'ombra permanente: the War goes on...
Dove Obama non porterà nulla di nuovo è sul fronte della politica estera, da sempre nelle mani del complesso militare-industriale ed unica oggettiva arma statunitense per rimanere
Con Petraeus e Brzezinski, Obama porterà più guerra in Afghanistan e Pakistan. Il suo slogan, "Change", cambiamento, non significa la fine della 'Gwt', la Guerra Globale al Terrorismo ma solo un cambiamento dei campi di battaglia: via dall'Iraq per concentrare più uomini e più mezzi sul limes centro-asiatico presidiato dai pashtun.
Con buona pace dei tanti speranzosi della sinistra mondiale, valga per tutti quello che ha scritto di recente il molto scettico Mike Davis, tra i più profondi e implacabili conoscitori della realtà sociologica e politica statunitense:
"E' un'ironia amara, ma storicamente prevedibile, che una campagna presidenziale sostenuta da milioni di votanti per la sua promessa di farla finita con la guerra in Iraq abbia ora ipotecato sé stessa, vincolandosi all'escalation in un conflitto senza speranza in Afghanistan e sulla frontiera tribale del Pakistan".
Fonte: InfoautBUONA LA NOTIZIA DELL'ELEZIONE DI BARAK OBAMA, PERSONALMENTE PERO' NON MI FAREI GRANDI ILLUSIONI IN MERITO AD UN CAMBIAMENTO NELLA POLITICA INTERNA ED ESTERA DEGLI STATI UNITI. CHI COMANDA DAVVERO SONO INFATTI I PETROLIERI E GLI IMPRENDITORI DELLE ARMI.
1 commento:
Hai ragione: niente illusioni. Meglio Obama di McCain, questo è fuori di dubbio. Ma non cambierà molto la politica USA.
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