1.1.09

Gaza, la forza dei bambini





Martoriare Gaza con le bombe dopo averla ridotta in un luogo di detenzione e presa per fame è un crimine che il governo d’Israele rivolge a settecentomila giovani palestinesi, molti dei quali bambini. Essi sono la metà degli abitanti che popolano i 360 chilometri quadrati della Striscia e conoscono, accanto alla paura di morire, ogni privazione dovuta alla misera condizione delle loro famiglie ancora profughe e braccate sul territorio che dovrebbero poter governare. Israele disprezza la scelta elettorale della maggioranza dei gazioti che ha eletto uomini di Hamas come propri rappresentanti. Contesta democratiche elezioni, infrange la libertà e la sovranità d’un popolo seppur minuto e diseredato, vuole assieme agli Stati Uniti (dietro cui come ovunque s’accoda l’Unione Europea) scegliere la leadership palestinese che gli aggrada, quella che si piega alle sue volontà.

Ricorda come Hamas non voglia riconoscere lo Stato Israeliano, ma questo Stato non riconosce quell’organismo bollandolo come terrorista e inserendolo, alla maniera degli States con altri movimenti di resistenza antimperialisti, nella lista nera dei nemici da annientare. Israele sottolinea l’esiziale pratica dei kamikaze che seminano morte ma col proprio esercito, coi suoi Servizi semina una morte più diffusa e articolata.

Troppi media hanno parlato dei molteplici lanci di Qassam su Sderot, Ashkelon e altri centri del sud d’Israele durante i sei mesi di “tregua”, pochissimi ricordano i venticinque palestinesi assassinati durante quella “tregua” e gli oltre cinquemila morti dalla seconda Intifada. Anche mille israeliani sono morti a seguito della famigerata passeggiata di Sharon dell’autunno 2000. Certo i razzi di Hamas esistono, s’oppongono al durissimo embargo che da due anni ha messo in ginocchio centinaia di migliaia di persone che sono per metà adolescenti e bambini senza che Onu o i politici dell’Occidente abbiano obiettato granché. Il livello di sottonutrizione in una delle zone più densamente popolate del globo ha reso la vita nella Striscia disumana eppure di diritti umani i deputati della Knesset non vogliono sentir parlare.

Togliere latte, cibo, cure, farmaci a quei bambini è una scelta consapevole per eliminarli, fiaccarne le difese, visto che rappresentano il futuro della questione israeliana-palestinese. L’impatto che il boom demografico già ha e continuerà ad avere sulla regione è risaputo anche ai non esperti. Se la natalità delle donne ebraiche è di 2,6 figli pro capite le madri di Cisgiordania prolificano il doppio e quelle di Gaza registrano ben 7,4 figli a testa. Le proiezioni sono presto fatte: fra due generazioni, una quarantina d’anni, i palestinesi dei Territori martoriati – oggi, stragi permettendo, tre milioni e mezzo - raggiungeranno gli israeliani che attualmente s’aggirano sui nove milioni e mezzo.

Senza contare gli attuali cinque milioni di profughi che vivono in altri paesi arabi (principalmente Libano, Siria, Giordania) che solo fra una dozzina d’anni sono destinati a raddoppiarsi. Sicuramente altri ebrei arriveranno in una zona geografica già satura di gente, il bacino dell’est che ha fomentato il fenomeno dei coloni più aggressivi e reazionari è funzionale al disegno d’uno Stato Sionista e a suo modo razzista. A questo mirano gli ultimi riferimenti sulla purezza etnica espressi dalla leader Kadima e ministro Livni che teorizza di spingere gli arabo-israeliani, non solo della Samaria, fuori dai confini d’Israele. Una nazione per due popoli che si integrano e costituiscono un melting pot,com’è la prospettiva di stati d’un futuro che è già presente, sembra un progetto utopico soprattutto per chi fa dell’integralismo religioso un programma politico.

Pronti ad accusare quello islamico i partiti di Gerusalemme non guardano a ciò che hanno creato nei Territori del martirio: il muro della separazione, l’ossessiva barriera di chi non vuole confrontarsi e integrare culture, tradizioni e il sangue anziché mescolarlo in un popolo venturo preferisce spargerlo sulle pietre della millenaria terra. Sangue del nemico e sangue dei propri figli, come ben sa Grossman che ne ha perso uno nell’estate 2006 mentre vestiva l’uniforme della Tsahal.

Come potrebbe accadere ai 6.500 riservisti ammassati ai confini di Gaza che Barak per pesare sulle urne è pronto a lanciare nel ghetto palestinese a uccidere ed essere uccisi. Chi è il Davide e chi il Golia negli ultimi sessant’anni della storia mediorientale è sotto gli occhi di tutti, ben oltre la spirale di offesa e difesa. Per quanto i media di Gerusalemme dichiarino fuggiaschi e clandestini i capi di Hamas Haniya, Zahar, Siam e l’organizzazione islamista in grave difficoltà dopo i raid degli F 16, la speranza del popolo palestinese va ben oltre Hamas o Fatah. Il suo futuro sono quei bambini a cui Israele vuol negare un futuro.

Fonte: Mercante di Venezia


1 commento:

Pierprandi ha detto...

L'attacco di terra sembra oramai imminente... E' una magra consolazione , ma almeno le vittime civili dovrebbero diminuire rispetto ai bombardamenti aerei.. Continua ad informare... Un saluto