25.1.09

Quando iniziano, fermiamoli




Alle donne e agli uomini della città di Vicenza che hanno espresso la propria contrarietà alla nuova base militare statunitense

Alle donne e agli uomini che, pur non abitando nel capoluogo berico, si oppongono a questo progetto
Alle associazioni, organizzazioni e gruppi che si riconoscono nell'opposizione alla nuova installazione militare


Sono passati quasi due anni da quando, in 150 mila, dichiarammo di voler resistere un minuto in più di chi vuol realizzare la nuova base statunitense.

Ora, dopo mesi di mobilitazioni e iniziative che hanno dimostrato il carattere maggioritario dell'opposizione al progetto militare, coloro che vogliono imporre la realizzazione dell'opera vogliono impedire a una scrupolosa valutazione d'impatto ambientale realizzata da esperti al di sopra delle parti.

Milioni di metri cubi di cemento sull'unico territorio ancora verde nell'immediata periferia della nostra città, a poche decine di metri dal fiume Bacchiglione e sopra la più grande falda acquifera del nord Italia; palazzine, depositi di armamenti e – secondo le ultime mappe statunitensi – una pista di volo a 1500 metri dalla Basilica Palladiana. Chi si oppone alla valutazione dell'impatto di quest'opera mette in pericolo la salute e la sicurezza dei vicentini, l'equilibrio ambientale e idrogeologico dell'area, il patrimonio artistico e architettonico del territorio, rifiutandosi di indagare a fondo i rischi causati dal progetto.

Vicenza è trattata come una terra di conquista dove i cittadini sono considerati ostacolo alla realizzazione dei piani militari statunitensi; la stessa amministrazione comunale è impedita a esercitare la propria funzione di tutela dei cittadini, mentre le risorse del nostro territorio – a partire da quelle economiche[1] – vengono destinate non al benessere collettivo, bensì agli interessi di vuol imporre questa base.

Non intendiamo subire l'umiliazione di essere trattati come servi della gleba del feudatario di turno; difenderemo la nostra terra perché essa rappresenta non solo la nostra casa, ma anche il nostro diritto a poter decidere del nostro futuro.

Quando incominceranno le demolizioni delle infrastrutture presenti all'interno del Dal Molin inizieranno prima che venga effettuata una rigorosa Valutazione d'Impatto Ambientale, ci opporremo. Due anni nelle strade e nelle piazze delle nostre città ci hanno fatto riscoprire il nostro diritto ad alzare la testa contro l'arroganza e le imposizioni. La consultazione popolare ci ha mostrato che è possibile lavorare tutti insieme, pur nel rispetto delle reciproche differenze; crediamo che l’obiettivo comune di tutti coloro che si oppongono alla nuova base militare sia quello di impedire l’avvio delle demolizioni: per questo, proponiamo che ognuno dia il proprio contributo per raggiungere questo fine, rispettando pratiche e metodologie diverse ma complementari.

Qualcuno scrisse che l'unica battaglia persa è quella che non si combatte; noi vinceremo perché saremo in campo un minuto in più di coloro che vogliono realizzare la nuova base militare statunitense. Possono violare leggi e regolamenti; possono fare accordi in segreto e calpestare la democrazia; possono stendere progetti e stanziare fondi, creare recinzioni e disporre reticolati. Non potranno superare la nostra ostinata determinazione.

Quando inizieranno le demolizioni, la nostra creatività si esprimerà ancora una volta: insieme, li fermeremo.

[1] Le infrastrutture di servizio alla nuova base statunitense, per esempio, verrebbero realizzate a spese dell'azienda municipalizzata vicentina: centinaia di milioni di euro che si sommano al contributo annuale (pari al 41% delle spese totali) che il Governo italiano versa a quello statunitense per lo stazionamento di truppe nordamericane nel nostro territorio.

Fonte: Nodalmolin

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE!!!

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