20.1.06

Complimenti ai cacciatori e non solo...

Una specie su otto e' a rischio, 1.213 specie, cioe', sul totale delle 9.917 esistenti: questi i numeri dell'allarme estinzione per il pianeta uccelli. Il pericolo piu' grave e' la distruzione e il degrado dell'habitat, soprattutto zone umide, praterie e foreste, che minaccia l'87% di questi animali; subito dopo la caccia e il prelievo diretto, responsabile dell'estinzione di 50 delle 150 varieta' di uccelli estinte dal 1500 ad oggi.
E' la denuncia dell'ultimo articolo dell'Earth policy (''Cieli vuoti, uccelli a rischio''), l'istituto americano di studi sullo sviluppo sostenibile diretto da Lester Brown. La popolazione di uccelli si e' ridotta del 25% dai tempi preagricoli, in massima parte a causa della conversione degli habitat in aree agricole, che negli ultimi 300 anni sono passate dal 6% a quasi il 33% della superficie terrestre.

Tre quarti dei volatili in pericolo - si legge nell'articolo - hanno come habitat principale le foreste, che vengono distrutte al ritmo di circa 13 milioni di ettari all'anno, un'area equivalente a quella della Grecia. Negli ultimi anni le maggiori perdite si sono verificate in Asia (in particolare nel Borneo e a Sumatra), dove le foreste tropicali umide di pianura stanno sparendo a una velocita' incredibile: dal 2000 a oggi e' stato disboscato quasi il 40% delle foreste indonesiane, e tre specie di uccelli su quattro che dipendono dalle foreste di pianura di Sumatra sono sul punto di estinguersi.

Globalmente, le specie indonesiane a rischio di estinzione, tra cui molte specie di pappagalli e cacatoa endemici, sono 118, il numero piu' elevato tra tutti i paesi del mondo. Segue a ruota il Brasile, dove le specie in pericolo sono 115.

L'espansione delle citta' e delle fabbriche ha inoltre ridotto la foresta pluviale atlantica brasiliana del 90%. Cio' che resta ospita circa 950 specie di uccelli, 55 delle quali endemiche e in pericolo. La caccia ha provocato la sparizione della colomba migratrice, uno dei volatili piu' numerosi al mondo, nell'arco di una generazione.

Lo sfruttamento diretto - che include la caccia a fini alimentari e la cattura a scopi commerciali - e' il secondo piu' importante pericolo dopo la perdita di habitat, e interessa circa un terzo delle specie a rischio. L'eccessivo sfruttamento mette in pericolo 52 delle 388 specie di pappagalli esistenti. In ordine di pericolosita' segue poi l'introduzione - deliberata o accidentale - di specie non native, che interessa all'incirca il 28% delle specie a rischio.

Nell'arcipelago delle Hawaii, predatori e malattie importate si sono aggiunti ai problemi legati alla perdita di habitat e hanno fatto sparire piu' della meta' delle oltre 100 specie di uccelli endemici. Opossum, topi e altri mammiferi introdotti in Nuova Zelanda negli ultimi 200 anni hanno distrutto la diversita' un tempo abbondante di grandi volatili, che si erano evoluti per oltre 80 milioni di anni senza predatori naturali.

L'inquinamento e' un ulteriore fattore di rischio che interessa il 12% delle specie in pericolo. I comuni volatili campestri dell'Europa occidentale si sono ridotti del 57% tra il 1980 e il 2003, e il declino viene in buona parte attribuito all' agricoltura intensiva. L'avvelenamento diretto dovuto all'uso di fertilizzanti e pesticidi non e' la sola causa: lo sversamento di prodotti chimici ha contaminato le zone umide usate dagli uccelli acquatici migratori e gli inquinanti organici persistenti (ad esempio i residui di DDT, le diossine e i bifenili policlorurati) si accumulano nella catena alimentare provocando deformita', incapacita' riproduttiva e epidemie. Il 7% delle specie di uccelli a rischio sono inoltre minacciate da morti accidentali.

Il rapido declino delle popolazioni marine negli ultimi 15 anni coincide con la crescita della pesca commerciale con i palangari. Ogni anno le operazioni di questo tipo uccidono oltre 300.000 esemplari che vengono attirati dalle esche e intrappolati: 19 delle 21 specie di albatross sono oramai a rischio o quasi, per l'impatto con i sistemi di pesca.

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