ALL’ACCORDO DEL 23 LUGLIO 2007
per le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i giovani e i precari. E’ vero che alcuni settori dei
pensionati e una parte dei disoccupati hanno qualche guadagno, ma tutto questo è
integralmente pagato da tutti gli altri lavoratori e pensionati con l’aumento delle tasse e dei
contributi e con il peggioramento dei diritti. Questi sono i contenuti fondamentali dell’accordo:
PENSIONI
Il miglior trattamento per chi fa lavori usuranti si rivela una beffa: non più di 5.000 lavoratori all’anno saranno inizialmente esentati dallo scalone, ma poi dovranno andare in pensione con almeno 58 anni d’età e36 di contributi. Chi non rientra nella quota prefissata e chi è andato a lavorare giovanissimo e ha fatto lavori usuranti e faticosi, dovrà lavorare comunque più di 40 anni, perché non gli verrà riconosciuto alcun diritto.
Si peggiora la riforma Dini sui coefficienti, che verranno tagliati a partire dal 2010 del 6-8%. Da allora ogni tre anni verranno rivisti automaticamente al ribasso, con una scala mobile al rovescio. La commissione tra le parti potrà solo, entro il 2008, decidere le esenzioni. Il limite del 60% per le pensioni più basse dei precari è
solo un’ipotesi di studio.
A partire dal 2011, se non saranno fatti risparmi a sufficienza con la ristrutturazione degli enti previdenziali,aumenteranno ancora i contributi sulla busta paga dei dipendenti e per i parasubordinati.
Vengono aumentate le pensioni più basse e l’indennità di disoccupazione, utilizzando i soldi del “tesoretto”,cioè le tasse in più pagate in primo luogo dai lavoratori, che ammontano a oltre 10 miliardi di euro. Di questi solo un miliardo e mezzo tornano a una parte dei pensionati e dei disoccupati.
MERCATO DEL LAVORO E COMPETITIVITÀ
Viene confermata la Legge 30 e con essa tutta la legislazione che in questi anni ha reso legale e diffusa la precarietà del lavoro. Resta anche il lavoro interinale a tempo indeterminato (staff leasing). I contratti a termine potranno durare anche oltre 36 mesi, senza alcun limite, con procedure conciliative fatte presso gli uffici del lavoro con l’assistenza dei sindacati. Nessun limite per i contratti interinali e per tutte le forme di lavoro precario. Nella sostanza i lavoratori potranno subire all’infinito il succedersi dei vari contratti precari.
Si riducono le tasse sul salario variabile aziendale, a condizione che esso sia totalmente flessibile, cioè possa esserci o non esserci. Nulla si fa sugli aumenti dei contratti nazionali e sul salario garantito su cui, anzi,cresce la pressione fiscale.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
integrazione che, annuncia il protocollo, nel futuro potrà essere trattata come l’indennità di mobilità e cioèdiventare una vera e propria anticamera del licenziamento. Infatti il lavoratore in casa integrazione chedovesse rifiutare un’occupazione qualsiasi, anche a 50 chilometri dal suo posto di lavoro, rischierebbe di perdere la cassa integrazione.
Si rilancia il ruolo degli Enti bilaterali tra sindacato e aziende, per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro.
Scelta questa che può dare luogo a un vero e proprio conflitto di interessi nel sindacato, tra la tutela dei diritti dei lavoratori e la certificazione dell’assunzione.
Ai giovani precari che perdono il posto di lavoro invece che garantire il salario e più diritti, si dà la possibilitàdi farsi prestare dei soldi a tasso agevolato. Soldi che comunque dovranno essere restituiti, magari quando siè ancora disoccupati.
Il bilancio complessivo di questo accordo, tra il dare e l’avere, ha il segno negativo per
le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i precari. Restano ancora tutte le ingiustizie, i
privilegi, l’evasione fiscale e contributiva. Resta la vergogna per cui chi lavora
duramente dovrà andare in pensione come minimo a 62 anni, mentre per un parlamentare bastano meno di 5 anni di legislatura, per avere una buona pensione.
Per cambiare allora bisogna prima di tutto votare no nella consultazione.
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