7.10.08

Bush: ultima figuraccia all'Onu





All'annuale assemblea generale dell'ONU è successo qualcosa di mai visto prima e forse proprio per questo tutto il mainstream informativo occidentale ha preferito sorvolare. Per la prima volta dalla costituzione della Società delle Nazioni, gli Stati Uniti d'America sono stati messi sotto accusa da quasi tutti i capi di stato intervenuti in assemblea. George W. Bush non ha fatto nulla per provare ad impedirlo, il suo discorso è risuonato come un disco rotto. Trentadue volte ha pronunciato la parola “terrorismo”, zero volte ha pronunciato la parola “ambiente”, zero anche per “clima” e “inquinamento”, poche righe per dire che gli Stati Uniti salveranno l'economia mondiale, senza peraltro accennare a chi l'abbia messa in pericolo.
Gli altri capi di stato invece non si sono fatti pregare e sul banco degli accusati sono finiti gli Stati Uniti, proprio per aver malamente gestito un'economia, domestica e internazionale, che ora minaccia di provocare sfracelli. Non sono stati i tradizionali avversari degli americani a segnare i punti più dolorosi, ma proprio dagli alleati sono arrivate le critiche più dolenti. Sarkozy non si è risparmiato e anche Angela Merkel ha tenuto a ricordare di aver chiesto a Stati Uniti e Gran Bretagna, senza successo, una regolamentazione della finanza a briglia sciolta.

Tutti si sono detti preoccupati delle conseguenze della crisi e molti hanno colto l'occasione per rinfacciare agli USA il doppio standard esibito oggi nell'approccio alla crisi, molto diverso da quello al quale, i profeti del libero mercato che controllavano Banca Mondiale e FMI, hanno costretto decine di paesi entro vincoli di bilancio penalizzanti in nome del libero mercato. Una rivincita, ma non solo, per quei paesi che - come l'Argentina - sono stati portati alla rovina dalle pretese dei politici arrivati da Washington, ma anche per tutti quei paesi in via di sviluppo che hanno dovuto aprire i loro mercati domestici con conseguenze devastanti per le popolazioni, al fine di allinearsi obtorto collo al mantra neo-liberista.

Una rivincita ma anche rabbia pura nel vedere oggi i profeti del libero mercato pronti a nazionalizzare banche e a riversare enormi quantità di denaro pubblico nelle casse dei truffatori. Rabbia nell'avere la prova provata che tutta la costruzione ideologica dei neo-conservatori, altro non era che ipocrisia al servizio degli interessi delle grandi corporation e che a pagare il conto della festa e di certi profitti stellari saranno ancora una volta i più sfortunati al mondo. Su questo punto il Segretario Generale Ban Ki Moon è stato brutalmente esplicito, ma alle sue parole non è stato permesso di raggiungere le opinioni pubbliche occidentali.

Rabbia nel vedere gli Stati Uniti pronti a versare una cifra incredibile per salvare gli amici degli amici ricchi, mentre i programmi internazionali a favore dei poveri (su tutti il Millennium Goal) languono perché i paesi ricchi non scuciono qualche milione di dollari all'anno. Rabbia e paura di veder affondare quel che rimane di economie devastate dal neoliberismo a ruota del dollaro e dell'economia americana.

Non era mai successo che un solo paese raccogliesse tante critiche in Assemblea e il fatto che tocchi oggi proprio agli Stati Uniti, un tempo faro e ispiratori dell'ONU, rende la misura dell'incredibile fallimento dell'amministrazione Bush, capace di vaporizzare l'enorme credito morale del quale godeva il suo paese all'indomani degli attacchi del 9/11 nel breve lasso di qualche anno. Da quello che si è sentito in Assemblea, gli Stati Uniti oggi sono visti come un problema per la comunità internazionale, un grosso problema che nessuno sa come affrontare.

Stranamente nel nostro paese non sembra averci fatto caso nessuno: neocon, teo-con, liberisti e guerrafondai da operetta evitano come la peste qualsiasi commento sulla crisi americana. Sono spariti tutti gli “amici di Bush” che per anni ci hanno edotto su quanto fosse bello lasciare campo libero alle ricche concentrazioni di capitali e quanto ci avrebbe fatto bene. Insieme a loro sono spariti come per incanto gli alfieri della finanza creativa e anche Tremonti, che pochi anni fa suggeriva di ipotecarsi la casa per spendere e rilanciare l'economia prima di essere cacciato e sostituito da Siniscalco, adesso si traveste da no-global. Anche se con risultati imbarazzanti.

L'ONU è un'organizzazione che dopo il 9/11 è stata devastata dalle incursioni fallimentari di bushisti del calibro di Wolfowitz, Bolton e Frazier e da un'amministrazione che per anni l'aveva calunniata in quanto ostacolo alle aspirazioni americane. Oggi, dopo appena sei anni di pesante ingerenza americana, l'ONU è scossa da scandali dei quali si sa poco.

Accuse pesanti ai “contingenti di pace”, ma anche alla gestione corrente che ha bruciato soldi in favore di contractor americani così come dei generali birmani che hanno taglieggiato attraverso il cambio gli aiuti al loro paese. Accuse politiche alla gestione del Tribunale Penale Internazionale, ma anche al fallimento d’interventi come quello in Birmania, che ha visto l'inviato Gambari non ottenere udienza dalla leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi e sostare indesiderato fuori dell'abitazione dove vive agli arresti domiciliari. In merito è giusto stendere un ruolo pietoso anche sul ruolo di Piero Fassino.

Gli scandali rischiano però di risultare un dettaglio di fronte ai cambiamenti di scenario intuibili dall'ultima Assemblea. Il tramonto dell'autorità morale statunitense è destinato a portare squilibri pesanti all'interno e all'esterno dell'organizzazione internazionale. Per il momento tutti trattengono il fiato ed evitano di infierire oltre un certo limite, perché un crollo dell'economia americana castigherebbe le elite internazionali, ma trascinerebbe alla fame anche una moltitudine di poveri in giro per il mondo, molti di più di quelli condannati alla fame dalle scelte occidentali (e americane) in favore del libero mercato, dei bio-carburanti e del commercio di armamenti.

Passata la tempesta, il prossimo presidente americano dovrà fare l'inventario di quel che rimane degli Stati Uniti e ricostruire la politica estera statunitense da zero; il tempo dell'unilateralismo arrogante sembra definitivamente tramontato.

Fonte: Altrenotizie


... E DIRE CHE SI TRATTA DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA..... DAVVERO NON CAPISCO... O FORSE CAPISCO, MA E' MEGLIO STENDERE UN PIETOSO VELO...

2 commenti:

il Russo ha detto...

8 anni con sto personaggio alla guida del Paese più importante del mondo, la storia racconterà che anche la Democrazia sà essere imperfetta...

Crocco1830 ha detto...

Tutta la politica di Bush è stata un continuo disastro per la vita delle persone. Il salvataggio delle ricche banche a spese dello stato, è solo l'ultimo esempio. Le guerre dopo l'11/9 è l'esempio più eclatante. Ma si può dimenticare, ad esempio, la gestione del dopo uragano Katrina? E gli "aiuti" per la ricostruzione alle Maldive del dopo tsunami? E si potrbbe continuare ...

P.S. (e OT): se ti va potremmo scambiarci il link. Vieni a farmi visita (se vuoi) e poi mi fai sapere.