Il 31 luglio 2009 la AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha autorizzato l'uso in Italia del Mifepristone, noto anche come RU486 o pillola abortiva. Questo farmaco non va confuso con la pillola del giorno dopo, che è un anticoncezionale. La sperimentazione in otto ospedali italiani è durata anni, ma solo ieri si è giunti al via libera definitivo.
La decisione ci porta al livello degli altri paesi europei, dove il Mifepristone è massicciamente usato: era quasi un "atto dovuto", non solo per la situazione europea ma anche visto il precedente parere della commissione tecnico-scientifica.
Non sembra pensarla così il Vaticano, che ormai entra a gamba tesa nella vita politica italiana con una completa faccia di bronzo, senza tema che qualcuno dei nostri uomini politici difenda il "principio supremo" (parole della Consulta) della laicità dello Stato.
Mons. Sgreccia, massimo bioeticista pontificio, si è premurato di ricordare a tutte le donne cattoliche che l'aborto provoca la scomunica; lo stesso ha fatto il suo diretto successore Mons. Rino Fisichella dalle colonne de "L'Osservatore Romano".
"Avvenire" ha accusato alcune componenti del Governo di non aver fatto abbastanza per scongiurare la decisione della AIFA. Si aggiunge alle voci tonanti di Mons. Sgreccia, Mons. Fisichella e di Avvenire quella del vescovo di San Marino – Montefeltro, Luigi Negri, secondo cui il mifepristone è un "pesticida umano".
Nel frattempo 50 fascisti di Azione Giovani, a Roma, occupano per poco tempo la sede AIFA per protestare in modo squadristico e violento contro l'aborto.
A livello locale, al coro delle voci papaline si aggiunge quella di Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica.
La studiosa, che non è un medico, ma una professoressa universitaria di fisica, ha rilasciato sulla "Eco di Bergamo" del 1 agosto 2009 un'intervista piena di inesattezze.
Morresi parla con dubbia cognizione di causa (è nel comitato nazionale di bioetica perché in quota CL) e diffonde spaventosi numeri sulla pericolosità della pillola senza citare fonti. Inoltre continua a soffermarsi sul rischio di emorragie per le donne che prendono il RU-486, quando nella sperimentazione italiana, svolta in otto ospedali su 1778 donne, c'è stata la necessità di trasfondere sangue in un solo caso (fonte "il manifesto", 01-08-09). Inoltre, come scrive sullo stesso numero de "il manifesto" Carlo Flamigni, professore di Ginecologia e Ostetricia all'Università di Bologna, le morti riportate, 29 su una platea di quasi un milione di utilizzi, sono dovute nella quasi totalità dei casi al mancato rispetto delle linee guida, che escludono dall'uso del farmaco donne che fumano molto, che hanno problemi di cuore o la pressione alta. Trovate l'articolo di Flamigni qui.
Proseguendo, l'ospedalizzazione per 15 giorni, invocata da Morresi, è stata sospesa in Francia perché ritenuta inutile al fine di garantire una maggiore sicurezza (cfr. il nostro articolo precedente).
Quanto alle generali preoccupazioni portate dalla professoressa, "non conosciamo i danni che può provocare nel corso degli anni la pillola", "se l'azione chimica può portare all'insorgere di tumori", esse non sono giustificate nel senso che valgono per qualsiasi nuovo farmaco, per definizione. Assumere rischi fa parte di qualsiasi introduzione di nuove sostanze sul mercato e, verrebbe da dire, di ogni cambiamento. Un principio di precauzione inteso in senso assoluto porta solo alla paralisi. La sperimentazione italiana non ha evidenziato nulla di preoccupante. Il mefipristone è inoltre già usato in moltissimi paesi (USA, UK, Francia, Spagna, Svezia...) e, sino ad ora, non pare tossico. Questo, del resto, è l'argomento decisivo contro la Morresi: se la pillola è così pericolosa, perché i più importanti paesi del mondo la usano come alternativa all'aspirazione tradizionale?
L'intervista de "L'Eco" alla professoressa Morresi è un tipico esempio dell'atteggiamento dei cattolici clericali di fronte a ciò che considerano sbagliato. Non si rassegnano al fatto che qualcuno possa pensare diversamente da loro e vogliono proibire per legge dello Stato ciò che ritengono peccaminoso, anche a costo di stravolgere la realtà e diffondere dati fuorvianti, se ciò giova alla causa della proibizione.
I cattolici clericali manifestano l'esatto opposto di una mentalità liberale, che è l'unica mentalità democratica: contestano nei fatti il principio che si può vietare solo per tutelare un diritto altrui.
E in questo caso quale diritto andrebbe tutelato? Quello dell'embrione?
Ma non sappiamo neppure se l'embrione sia una persona o meno, quindi se possa avere diritti in generale.
Invece è certo che una donna gravida abbia un corpo e che abbia potestà su di esso. Il corpo le appartiene e ne fa ciò che vuole: è un diritto che non può esserle sottratto e che fa parte del diritto più ampio all'integrità personale, lo stesso che rende ingiusti le lesioni e la tortura. La donna ha quindi il pieno, insindacabile diritto ad abortire se lo desidera e parimenti a non farlo se non lo desidera. Se una donna non potesse abortire, sarebbe spossessata del proprio corpo, deprivata di se stessa. Costringere una donna a una gravidanza è una violenza inaccettabile, come pure lo è non darle la facoltà di scegliere il modo in cui abortire, se più di uno è disponibile. Ci si augurerebbe che il governo non voglia ulteriormente mettere i bastoni fra le ruote all'esercizio di un diritto delle donne, ad es. imponendo lunghe ospedalizzazioni che sono già state superate in molte parti del mondo. Ma dopo la vicenda Englaro, gli atti d'indirizzo, i decreti anti-Cassazione e i parlamenti convocati ad horas, da questo governo ci si può aspettare solo il peggio.
Fonte: Tommaso Bruni Coordinatore circolo UAAR BERGAMO
5 commenti:
Sul corpo delle donne, governo e vaticano si stanno giocando le loro carte, per ostacolare le libertà individuali di tutt*.
Non mi risulta che il Vaticano abbia mai scomunicato Calvi, Sindona, o Pinochet, e altri criminali con cui invece ha fatto affari.
Non mi risulta che abbia mai scomunicato quei preti che violentano i bambini.
"Invece è certo che una donna gravida abbia un corpo e che abbia potestà su di esso. Il corpo le appartiene e ne fa ciò che vuole: è un diritto che non può esserle sottratto e che fa parte del diritto più ampio all'integrità personale, lo stesso che rende ingiusti le lesioni e la tortura. La donna ha quindi il pieno, insindacabile diritto ad abortire se lo desidera e parimenti a non farlo se non lo desidera. Se una donna non potesse abortire, sarebbe spossessata del proprio corpo, deprivata di se stessa. Costringere una donna a una gravidanza è una violenza inaccettabile, come pure lo è non darle la facoltà di scegliere il modo in cui abortire, se più di uno è disponibile." sacrosante parole!!
@tutti: la scelta finale, difficilissima peraltro, deve essere solo e soltanto della donna, senza interferenze di sepolcri imbiancati, pseudopolitici, religiosi da strapazzo....
articolo davvero interessante
ciao aride
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