5.1.06

Nestlè Colombia

“Condanniamo i metodi della Nestlè in Colombia. Sono inaccettabili. Non garantisce la qualità dei prodotti. Non rispetta l’ambiente e la sua politica nei confronti dei lavoratori è fuori da ogni limite tollerabile”. E' il parere del Consiglio del Tribunale d’opinione istituito dall’organizzazione internazionale MultiWatch a Berna: un gruppo di organizzazioni non governative, sindacali, associazioni vicine alla Chiesa cattolica che in un’assemblea pubblica in Svizzera ha giudicato la Nestlè in una sorta di processo con tanto di testimoni, accurati dossier di centinaia di pagine e una quantità impressionante di prove. A valutare la documentazione, un consiglio di cinque personalità stimate e rispettate: Carlo Sommaruga, consigliere nazionale svizzero; Rudolf Schaller, ambasciatore e capo della Delegazione svizzera presso l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE); Carola Meier-Seethaler, apprezzata psicoterapeuta; il vescovo Tomas Balduino, presidente della Commissione pastorale della Terra in Brasile, e Anne-Catherine Menetrey-Savary anch’essa consigliere nazionale svizzero.
Illustre assente, la Nestlè che ha declinato l’invito, presentando un documento con il quale ha rspinto ogni accusa. Impossibile anche riuscire a contattarla durante la stesura di questo articolo: il responsabile è "dimissionario", quindi non rintracciabile.

I fatti. Dai documenti presentati è emerso come la Nestlè, in Colombia da sessanta anni, ormai detenga un vero e proprio monopolio: “Trasformatasi col tempo da impresa sostenitrice della produzione locale a multinazionale che importa ed esporta in funzione unicamente del profitto, è diventata cieca verso le esigenze dell’intero Paese”, hanno detto i relatori, che si sono avvalsi di statistiche ufficiali: “Sono 4mila i leader sindacali uccisi dal 1987, mille quelli spariti, e 1700 coloro che hanno subito e denunciato una violazione di diritti umani da quando è salito al potere Uribe, nel maggio 2002. Non solo: il 60 percento della gente vive sotto la soglia di povertà e le garanzie giuridiche per la protezione dei diritti dei lavoratori sono inesistenti. E come se non bastasse, le imprese sono solite servirsi di paramilitari pronti a tutto, tanto che la violenza è onnipresente. Minacce, scontri e paura sono all’ordine del giorno”. In questo contesto i sindacati sono etichettati dai poteri forti come organizzazioni vicine alla guerriglia, e sono ancor più perseguiti. Eppure i testimoni hanno affermato chiaramente che il sindacato non apporta nessun tipo di aiuto ai guerriglieri e tanto meno ne riceve da loro. È in questo quadro che si inserisce la Nestlé, la quale, sempre secondo le testimonianze rilasciate a Berna, da questa guerra interna trae solo vantaggi. Mentre i suoi frutti crescono, grazie al totale appoggio governativo che concede sovvenzioni e agevolazioni fiscali, le organizzazioni sindacali restano soffocate e le condizioni dei lavoratori peggiorano. La rete di agganci nell’amministrazione, inclusi i tribunali, fa il resto, permettendo alla multinazionale svizzera grande libertà di manovra e totale impunità.

Testimonianze. Dal banco dei testimoni sono stati denunciati dieci casi di lavoratori assassinati, fra il 1986 e il 2005, da presunti paras. Si trattava quasi sempre di sindacalisti. Questi omicidi sono avvenuti sempre in periodi di tensione e di scontro aperto con l’azienda: durante revisioni del contratto collettivo o alla vigilia di scioperi, anche se nessuno sia riuscito a provare la responsabilità diretta della Nestlè.

Colpe su colpe. Dopo aver illustrato il caso di 175 operai che nel 2003 vennero sequestrati per ore in un hotel e rilasciati solo quando ebbero firmato un accordo in base al quale si sarebbero licenziati in cambio di un indennizzo finanziario, l’avvocato ha citato casi di prodotti scaduti messi in vendita, con tanto di cambio di etichetta. “Furono alcuni operai ad accorgersene e ad avvertire la direzione, che non fece nulla. Gli operai si rivolsero alle autorità, che imposero il ritiro della mercanzia. Da quel momento questi operai sono costantemente minacciati”.

Conclusioni. Impressionato per quanto udito e per la serietà e credibilità delle prove apportate, il Consiglio “raccomanda che sia inoltrata un’azione presso l’Organizzazione Mondiale del Lavoro" e "desidera allo stesso modo che le autorità svizzere conoscano questo dossier e convochino la Nestlé al fine di riorientarne la politica in Colombia".

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