6.6.06

Afghanistan: perchè andare via

E’ la presenza delle truppe che crea instabilità. Senza le truppe straniere l’Afghanistan precipiterebbe nel caos, si sente e si legge da più parti. Peccato che nel caos l’Afghanistan ci sia già oggi, nonostante la presenza delle truppe straniere, e anche a causa della loro presenza. Quattro anni di occupazione militare straniera (Usa e Isaf) non sono serviti a rafforzare l’autorità del governo di Karzai, che non si è mai estesa al di fuori di Kabul e dei principali capoluoghi di provincia. Nel resto del Paese hanno continuato a comandare e a imperversare i signori della guerra e dell’oppio, e le condizioni di vita della popolazione non hanno conosciuto miglioramenti. Anche per colpa di una ricostruzione inesistente, di cui hanno beneficiato solo le aziende appaltatrici statunitensi e i corrotti politici del governo Karzai.
Nel sud i talebani, fuggiti ma mai sconfitti, sono tornati dal Pakistan e hanno ripreso il controllo delle aree extraurbane delle province di Kandahar, Helmand, Uruzgan, Zabul e Kunar, lanciando un’offensiva contro le truppe straniere e governative che ha causato 6.500 morti in quattro anni (1.300 solo negli ultimi 5 mesi), con centinaia di civili afgani uccisi nei bombardamenti aerei Usa (una trentina solo lo scorso 22 maggio nel bombardamento di un villaggio vicino a Kandahar).
Questi massacri di innocenti, le violenze e gli abusi delle truppe Usa nel corso dei rastrellamenti dei villaggi, le torture nelle Abu Ghraib afgane dei carceri militari di Bagram e Kandahar, il generale atteggiamento aggressivo e sprezzante delle truppe Usa nei confronti della popolazione: tutto ciò ha fatto montare negli afgani, alcuni di loro inizialmente abbastanza ben disposti verso la presenza militare straniera, un risentimento sempre maggiore nei confronti delle truppe d’occupazione e il governo Karzai. La rivolta di Kabul dell’altro giorno è stata una dimostrazione eclatante. Questo montante odio popolare non fa distinzione tra soldati Usa o di altri paesi Nato: per gli afgani non c’è differenza tra un marines e un alpino, e le colpe dei primi ricadono sui secondi in maniera del tutto automatica. Per la stragrande maggioranza degli afgani – che conoscono a mala pena la geografia del proprio Paese – italiani, inglesi, tedeschi, spagnoli, europei, americani sono la stessa cosa: “stranieri”. Stranieri di cui non si fidano più, stranieri di cui hanno le tasche piene.
Come le hanno del governo cosiddetto “democratico” di Karzai, in cui all’inizio molti hanno sinceramente creduto, ma che ormai considerano un traditore, un fantoccio degli stranieri, un potere lontanissimo dai bisogni della gente. In questa situazione di frustrazione, rabbia e disillusione, è comprensibile che la società afgana torni a guardare con speranza ai talebani e al loro movimento armato, che trova un terreno di propaganda e proselitismo sempre più fertile e un sostegno popolare sempre più forte. E’ vero che l’Afghanistan rischia di esplodere e di tornare in mano ai talebani, ma proprio grazie al catalizzatore della presenza militare straniera.


Tratto da Peacereporter

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