8.12.08

Vogliono concentrarsi sul lavoro. Per massacrarlo





di Giorgio Cremaschi


Ove si prepara un massacro sociale senza precedenti, ma con una funzione precisa: costruire una selezione delle e nelle classi ancora più brutale di quella alla quale sinora siamo stati abituati.
Per le imprese e per i poteri economici (se ce ne fossimo dimenticati essi ancora esistono), la crisi è una grande occasione. Sì ora ci sono i drammi e incertezze, ma il futuro si sta già costruendo, ed esso sarà molto più di prima concentrato sul lavoro. E non sarà una buona cosa.
In realtà non è mai stato vero che l’economia finanziaria abbia trascurato il lavoro, se ne è sempre occupata eccome. La globalizzazione è riuscita a diffondere la più vasta concorrenza al ribasso tra lavoratori che mai si sia realizzata, con la distruzione dello stato sociale, di contratti e diritti, con il dilagare della precarietà, con l’abbattimento dei salari. Su tutto questo non si vede alcun ripensamento in chi comanda nelle imprese e nell’economia, e neppure nei principali governi. L’Unione Europea vara un piano di investimenti, ma nello stesso tempo afferma che il patto di stabilità liberista non si tocca e che la difesa della moneta, l’euro in primo luogo, viene prima di qualsiasi misura sociale.
Certo che c’è bisogno dell’intervento pubblico, ma questo deve sostenere il modello economico che è andato in crisi. Il ministro Tremonti ama lanciare sofferte giaculatorie contro le degenerazioni del capitalismo, ma è il primo a continuare nella strada sin qui percorsa. Dobbiamo smetterla di discutere delle chiacchiere e guardare alla sostanza dei provvedimenti che vengono presi. Per ora non c’è un solo paese occidentale che abbia deciso misure per far aumentare i salari e fermare i licenziamenti. Anche Obama tace sul salario minimo di legge, che negli Usa è fermo al 1998. Al contrario tutte le decisioni che vengono concretamente varate servono a sostenere le banche, la finanza, i programmi d’investimento, di ristrutturazione, di licenziamento delle imprese. Sotto l’onda dell’emergenza globale si affermano criteri sociali che sono quelli di una vera e propria economia di guerra. E anche gli investimenti militari veri e propri aumentano. Mentre i poveri reali crescono a dismisura, si definiscono ristrette categorie di poveri ufficiali. In Italia stiamo sperimentando l’elemosina di stato che tocca, con la carta sociale del governo, un milione e duecento mila persone.
C’è del metodo in questa follia. Si usa la crisi per selezionare un nuovo tipo di lavoratore, e costruire attorno ad esso una società ancora più ingiusta e feroce di quella attuale. Da noi hanno cominciato con la scuola e l’Università. Le controriforme del governo sono state scritte su dettatura della Confindustria e partono dall’assunto che è impossibile avere una scuola di massa pubblica ed efficiente. Così si abbandona a se stessa gran parte della scuola pubblica e si seleziona, assieme alle imprese, l’elite per il mercato e per il profitto. In Alitalia si è fatto lo stesso. L’intervento pubblico è servito a socializzare le perdite, che pagheremo tutti noi. I padroni privati invece potranno scegliere dal contenitore della vecchia società il meglio delle rotte, delle strutture, e naturalmente dei lavoratori. E chi non ci sta attenta all’interesse nazionale.
Il Sole 24ore ha dedicato un editoriale ai nuovi nemici del popolo, piloti, musicisti, lavoratori specializzati, che pretendono di difendere il proprio status. La macina del capitalismo diventa ancora più dura quando questo va in crisi. Nel 1994 la Fiat buttò in Cassa integrazione gran parte di quegli impiegati e capi, che sfilando a suo sostegno nell’ottobre del 1980, le fecero vincere la vertenza contro gli operai. Oggi si parla tanto di merito, ma tutte le categorie professionali subiscono gli effetti di un’organizzazione del lavoro sempre più parcellizzata e autoritaria, mentre l’unico merito che davvero viene riconosciuto è quello della fedeltà e dell’obbedienza.
L’amministratore delegato della Fiat vuole che la sua azienda somigli sempre di più alla catena di supermercati Wal Mart. Si dice che Ford abbia installato le prime catene di montaggio inspirandosi a come si lavorava nei magazzini della carne di Chicago. Il modello giapponese a sua volta nasce copiando la logistica dei moderni supermercati. Ora la Fiat annuncia un futuro copiato dalla più grande catena di supermercati a basso costo. Ma Wal Mart è anche una società brutalmente antisindacale, che schiavizza i propri dipendenti. Il programma di Marchionne è dunque anche un programma sociale, che prepara ulteriori assalti all’occupazione e ai diritti dei lavoratori Fiat.
Le leggi sul lavoro flessibile che centrosinistra e centrodestra hanno varato in questi anni, ora mostrano la loro vera funzione. Esse permettono di licenziare centinaia di migliaia di persone senza articolo 18 o altro che l’impedisca. E così la tutela contro i licenziamenti diventa un privilegio, quello che permette di essere almeno dichiarati come esuberi. E i soliti commentatori di entrambi gli schieramenti annunciano che con tanto precariato, i privilegi non si possono più difendere. Per i migranti la perdita dei diritti sociali diventa anche distruzione di quelli civili. Chi viene licenziato, grazie alla Bossi-Fini, diventa clandestino e con lui tutti i suoi famigliari.
E la crisi avanza. Che essa fosse ben radicata nell’economia reale e non solo in quella finanziaria, lo dimostra la velocità con cui si ferma il lavoro, si licenziano o si mettono in cassa integrazione i dipendenti. Una velocità superiore a quella della caduta della Borsa.
Le ristrutturazioni nelle aziende non sono solo crisi. Esse, come sostengono tanti dottori Stranamore dell’economia, hanno una funzione “creatrice”. Esse servono a frantumare le condizioni sociali e di lavoro, a dividere e contrapporre gli interessi, a fare entrare nel Dna di ogni persona che la sconfitta e di uno è la salvezza di un altro. La riforma del modello contrattuale vuole suggellare questa situazione. Distruggendo il contratto nazionale e limitando la contrattazione aziendale al rapporto tra salario e produttività, essa punta a selezionare una nuova specie di lavoratori super flessibili, super obbedienti e super impauriti. E per il sindacato resta la funzione della complicità, come è scritto nel libro Verde del governo.
Se è vero che le crisi sono occasioni, quella italiana sta delineando la possibilità di distruggere ogni base materiale dei principi contenuti nella Costituzione della Repubblica. Bisogna fermarli, bisogna travolgerli come stava scritto in uno striscione degli studenti. Non ci sono mediazioni rispetto al disegno di selezione sociale che sta avanzando sotto la spinta della Confindustria e del governo. O lo sconfiggiamo o ne verremo distrutti. Per questo lo sciopero del 12 dicembre non può concludere, ma deve dare l’avvio a un ciclo di lotte in grado di imporre un’altra agenda politica e sociale. Alla triade privato, mercato, flessibilità, bisogna contrapporre la difesa e l’estensione del pubblico sociale, dei diritti e dei salari. E l’Europa di Maastricht è nostro avversario così come il governo Berlusconi. C’è sempre meno spazio per quella cultura riformista che pensava di coniugare liberismo economico ed equità sociale. Per questo ci paiono sempre più stanchi e inutili i discorsi sull’economia sociale di mercato di tanti benpensanti di centrosinistra e centrodestra.
Solo un cambiamento radicale nell’economia e nella società può sconfiggere il disegno reazionario dei poteri e delle forze che ci hanno portato alla crisi attuale e che pensano di farla pagare interamente a noi. O si cambia davvero, o si precipita in una società mostruosa che avrà come necessario corollario l’autoritarismo nelle istituzioni. Forse è proprio la dimensione e la brutalità delle alternative che ci spaventa e frena, ma se questa è la realtà allora è il momento di avere coraggio.

Fonte: Proletaria


SICURAMENTE CONDIVISIBILI E SOTTOSCRIVIBILI LE PAROLE DI GIORGIO CREMASCHI. UNA VOCE FUORI DAL CORO ALL'INTERNO DI UNA CGIL CHE DELUDE OGNI GIORNO DI PIU'.
UNA CONFEDERAZIONE CHE NON E' IN GRADO O PREFERISCE NON DIFENDERE I DIRITTI DI LAVORATRICI E LAVORATORI.
UNA CONFEDERAZIONE CHE INVOGLIA A STRACCIARE LE TESSERE QUANDO SI SENTONO LE PAROLE DEL SUO SEGRETARIO GENERALE.

9 commenti:

Riccardo Di Palma ha detto...

Oserei dire di più...purtroppo la CGIL è il tentativo di canalizzazione istituzionale del dissenso. Mi spiego, fino allo sciopero del 17 ottobre del sindacalismo di base, CGIL ha avuto un atteggiamento timido. Con la riuscita di quello sciopero e il conseguente infiammarsi della protesta, la CGIL è stata costretta a seguire il movimento, il quale, consapevolmente o meno, ha un momentino mitigato il dissenso, vedendo uno sbocco istituzionale all'orizzonte, con lo sciopero del 12.

il Russo ha detto...

Dissento, lungi da me beatificare la CGIL ma è la forza sociale più osteggiata dalla destra e da Confindustria, non è un caso.
Cremaschi sta nella Fiom non da oggi e li ho visti i risultati che si sono portati a casa ogni volta che si è seduto ad un tavolo delle trattive: stimo molte delle sue idee, ma ogni tanto dovrebbe ricordarsi che il sindacato è trattativa, non utopia, di quella ne son piene le fosse....

Aride ha detto...

Che il sindacalismo sia trattativa credo lo sappiano bene all'interno della cgil, anzi qualche volta arrivano alla resa incondizionata, senza neppure provare a combattere. Due esempi su tutti: la svendita della scala mobile ed il silenzio assenso per quanto riguarda la destinazione del tfr. La Fiom è forse l'unica costola del sindacato ancora non allineata, infatti a vari livelli stanno cercando di renderla innocua, di metterla in un angolo. E' vero che la cgil è la forza più osteggiata dalla destra e da confindustria, ma ciò non mi consola affatto, anzi, mi lascia pensare che siamo davvero ridotti male. Aggiungo che il sindacato di base, con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi scazzi interni, forse potrebbe essere un punto di partenza, o magari soltanto un altro interlocutore, ma in questo senso la cgil non ci sente....

Marte ha detto...

E' un bel post, che rileggerò di nuovo e con più attenzione. Una riflessione importante quella sul sindacato. L'esperienza personale con la CGIL credo che mi influenzi negativamente per portare un apporto lucido e razionale alla discussione. Il sindacato purtroppo è fatto anche di questo: di glocalismi e territoriali defezioni. In generale credo che la sfiducia verso questa sigla sindacale sia sempre maggiore. E a istinto mi viene da dire che non sia dovuto al loro essere schierati contro Confindustria e affini.

Riccardo Di Palma ha detto...

Sul fatto che il sindacato debba fare trattativa, mi viene spontaneo fare una precisazione, ovvero che il sindacato deve fare trattativa quando oggetto della discussione è una rivendicazione miglirativa per i lavoratori. Il grande problema del sindacalismo confederale è che invece e disponibile a trattare su proposte peggiorative, stipula sistematicamente compromessi a perdere, avallando di fatto, seppur in una logica di "piccoli"(ma nemmeno tanto piccoli) passi, il progressivo peggioramento delle condizioni dei lavoratori, sia in termini di diritto, che di salario.
E questo riguarda pure i CCNL metalmeccanici sottoscritti dalla Fiom.

Marte ha detto...

Io sul post ci sono ritornata, ma dopo gli ennesimi eccidi onestamente non sono molto più lucida e razionale rispetto a stamattina.
Se qualche ora fa era il sonno, adesso è la rabbia di non sentirsi nè tutelati nè compresi.

Da precaria al sindacato io sono andata più e più volte, ho anche una causa in ballo verso l'ultima azienda per cui ho prestato lavoro (lavoro occasionale protrattosi per ben 36 mesi). Ma il sindacato dei precari se ne frega.
Non li capisce.
Ma proprio non capisce le piccole cose. Quelle pratiche, prima ancora di tutto il resto.

Quelli più a rischio, ma parlo di una questine di incolumità fisica prima ancora che di stabilità lavorativa, sono gli operai.
Che senza adeguata formazione rischiano ancora di più di diventare carne da macello.

In senso letterale come dimostra il caso della Tenaris di Dalmine.

Aride ha detto...

Anche nel mio caso la rabbia prevale sugli altri sentimenti.
Da precario non mi sento affatto tutelato, anzi, quando nell'azienda dove lavoro è stata data la notizia che al 31/12 nemmeno uno dei 60 precari sarebbero stati confermati, i funzionari sindacali non hanno trovato di meglio che consigliare di recarsi immediatamente all'ufficio di collocamento, o come diavolo si chiama ora, per presentare domanda di disoccupazione. Veramente stupefacente....

il Russo ha detto...

Guardate, se dovessi dire la mia sui sindacati (tutti) in base alle mie esperienze personali, potrei dare dei suggerimenti a Ichino, Sacconi e compagnia cantante su come ridicolizzarli.
Fra tutti però, l'unico che ho sempre (o quasi) trovato al mio fianco in molte battaglie è stata proprio la CGIL e la Fiom.
Genova 2001? Articolo 18? Manifestazioni contro la guerra? Social Forum europei? Social Forum Porto Alegre?
Potrei andare avanti, ma le uniche bandiere SEMPRE presenti quelle erano.
Fà un baffo a monsieur de la Palisse ciò che scrive Riccardo Di Palma sull'"oggetto sociale" del sindacato tutto, ossia quello di"fare trattativa quando oggetto della discussione è una rivendicazione miglirativa per i lavoratori".
Concordo anch'io che spesso si fanno compromessi per limitare la perdita, ma qual'è la capacità di mobilitazione del sindacato stesso? Ho visto sull'art.18, quando precari come me facevano sciopero perdendo poi il lavoro mentre fenomeni sul web e non solo inneggiavano alla rivoluzione ma il massimo che fecero fu di andare a Roma in giorno non lavorativo senza perdere un'ora di lavoro...
Senza una grande base non ci può essere sindacato, se il problema fossero solo le istanze più o meno barricadere i sindacati di base sarebbero i primi in Italia per iscrizioni, ma così non è...

Marte ha detto...

e se fosse che la basa manca per mancanza di credibilità?
Voglio dire...tra te,aride e me mi pare che a livello lavorativo nessuno se la spassi.
Eppure nessuno di noi ha trovato un valido riscontro nel sindacato.

Quando io vado a rivendicare un intervento contro l'agenzia interinale che non applica correttamente il contratto e mi sento dire che i pro (quello che mi verrà restituito in busta paga) è minore dei contro (tessera del sindacato e perdita del posto di lavoro) mi crolla il mondo addosso.
Dove sono le commisioni di conciliazioni? O meglio, perchè non si pretende che vengano rispettate? Perchè il sindacato ha preso (consapevolmente o meno) così sottogamba la riforma del lavoro?

Molti fanno i fenomeni sul web, è vero. Ma come fai a rischiare lavoro e stipendio se ti sconsigliano di farlo pure quelli che ti dovrebbero portare in piazza?